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My July

Images

Details

Height (cm): 40

Width (cm): 800 (12 elementi da 52,4 x 40 x 0,4 distanziati tra di loro di 15)

Material: grès smaltato 1265°C / glazed stonware 1265°

Technique: lastra, fotoceramica sperimentale in terza cottura, traccia audio, proiezione / slab, experimental third firing photoceramics, audio track, projection

Notes: Silvia Celeste fa dell'antitesi la chiave della sua poetica. Da una parte la materia per antonomasia, la ceramica; dall'altra la leggerezza, l'immagine fotografica e il video. I contenuti dei suoi lavori, installazioni performative, racchiudono la stessa dicotomia: bellezza e dolore, carnalità e anima, sangue e pensiero. In una ossessiva riproduzione fotografica di sé, Silvia Celeste Calcagno parla della sua vita attraverso la morte; del sonno attraverso l'incubo; del dolore attraverso il corpo. Cercandosi e perdendosi nella sua stessa immagine riflessa. / The artist focuses the antithesis as key for her poetics. From one side the material par excellence: ceramics; from the other side the lightness, the photographic image, the video. The contents of her works, performance installations, contain the same dichotomy: beauthy and sorrow, carnality and soul, blood and thought. Through an obsessive self reproduction the artist faces the life through the dead; the sleep through the nightmare; the pain through the body. He finds and looses herself in her reflected image.

Work Status: donazione

Materials

stoneware

L’installazione dal titolo My July composta da dodici elementi è il racconto autobiografico di un vissuto dell’artista, dove l’incontro della ceramica con altri linguaggi contemporanei, la fotografia, il video e l’elemento sonoro, permette di raggiungere una forma di narrazione che restituisce allo spettatore una dimensionalità spazio-temporale. Una delle peculiarità di questo progetto è scrivere con il fuoco; la storia impressa dalla luce sulla pellicola fotografica viene sostituita dal calore della fiamma. L’effimero di una fotografia reiterata all’infinito si sposa con la terra e rende ogni scatto unico e irripetibile.
Una scientifica e tenace sperimentazione ha reso possibile la nascita di un linguaggio inconsueto che non conserva più le caratteristiche della fotoceramica tradizionale. Il supporto dove si sviluppano le immagini viene trattato anch’esso in modo da accoglierle in maniera pertinente: ingannano gli spessori di una ceramica che si fa molto sottile per recepire l’immagine, ma che pur conserva la forza materica del grès e dei rivestimenti appositamente studiati, che fanno sì che la foto si fonda con il corpo ceramico che la include e la trasforma.
Le lastre che compongono l’installazione vengono distanziate dalla parete per potenziarne la leggiadria visiva.
La scansione del tempo, l’accavallarsi del presente e del passato, ma anche la dimensione emotiva scaturiscono dall’ impianto tecnico-narrativo.
Su uno degli elementi è impresso, quasi illeggibile, il fotogramma in bianco e nero di un volto dagli occhi smarriti, mentre si specchia all’interno di un abitacolo. Su questa unica lastra vengono proiettati e custoditi , a intervalli regolari di undici secondi, tre momenti differenti : nel primo cogliamo la sola impressione dell’immagine sopra descritta appena accennata dalla sottrazione di luce del proiettore, essa è l’intuizione di un fatto che sta per accadere, quasi onirico; nel secondo viene proiettata, sovrapposta alla precedente, l’immagine a colori della bocca dell’artista martoriata dalle ferite provocate da un evento realmente accaduto e reso eterno nel tempo da quell’unico scatto. Nel terzo momento il supporto ceramico appare trasformato in uno schermo cinematografico, reso illusorio e irreale grazie alla luce bianca proiettata, che trasporta lo spettatore in un ambito quasi fantascientifico.
I tre momenti si fondono e si confondono pur mantenendo una propria identità.
Negli altri elementi la narrazione si espande e si completa, legandosi alle impressioni sopra descritte, stigmatizzando momenti dove non è la figura integra a rivivere nelle immagini, bensì una parte del corpo dell’artista . Protagonisti come esseri autonomi sono la bocca e i denti, dotati di una vita propria scissa dall’organicità di un corpo, violato nella pudica intimità. In queste figurazioni l’attenzione si rivolge non solo alla bocca ma anche agli occhi, che, con la loro eloquenza scandiscono l’emozione in ogni fotogramma. A completare l’installazione è una suggestione sonora: la voce dell’artista scandisce parole sussurrate e avvolgenti che accompagnano in modo tenue ed impalpabile lo spettatore all’interno della storia.

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